Il cambiamento delle società modifica gli stili di vita, cambia la moda nonché i valori, le idee: la vera rivoluzione sociale è un processo che si realizza attraverso la comunicazione e la circolazione delle informazioni, oggi più semplice, rapida, economica. I media che avanzano, ne sono gli strumenti: oltre ai classici cinema, dischi e CD, TV e stampa, impazza la “rete”, i video- telefonini, i social network, ecc. E i maggiori utilizzatori finali di questi mezzi, sono proprio i giovani che se ne servono per comunicare, per conoscere, per “esserci”.
I media sono messaggeri che agiscono in modo capillare e costante, posso cambiare i nostri comportamenti e influire sugli atteggiamenti. I sociologi sostengono che i media elettronici, come pure quelli telematici, sono strumenti così potenti da controllare addirittura la società.
La globalizzazione ha diffuso questi nuovi modelli e stili di vita che sono diventati i nuovi standard: la gente li condivide, ne rimane catturata ed affascinata dando luogo al fenomeno dell’omologazione dei comportamenti e degli stili di vita. Anche la costruzione dell’identità giovanile non può avvenire senza fare i conti con questa “nuova cultura”.
TV, pubblicità, musica e internet sono i nuovi educatori.
Giovani e pubblicità
L’influsso della pubblicità sui giovani è molto potente, sembra che stia cambiando l’identità sociale e culturale, diffondendo nei soggetti fruitori, un concetto edonista e materialista della vita. Hans J. Haller sostiene che la pubblicità falsifica la realtà, creando «bambini disadattati che poi, da giovani, cercheranno rifugio in comportamenti compensatori come l’alcool, la droga e le ideologie estreme».
Gli adolescenti vengono sedotti dalla pubblicità, imponendo ai genitori l’acquisto di determinati prodotti, a volte economicamente inaccessibili e spesso i genitori sono costretti ad acquistarli per evitare conflitti in famiglia.
Di fatto la pubblicità mira consapevolmente alle fasce più giovani, perché più vulnerabili, e facilmente convincibili, “educandoli” a criteri alternativi a quelli familiari.
Spesso il messaggio della pubblicità utilizza immagini erotiche o erotizzate, risvegliando, sostiene Anna Oliviero Ferrari, «una pulsione sessuale che, non potendo essere soddisfatta dalla sola visione dell’immagine erotica, si trasforma nel desiderio di acquistare quel prodotto che è stato associato all’immagine erotica. […] Tali immagini costituiscono senza dubbio un tentativo di modificare i nostri riflessi o i nostri impulsi sessuali, facendo una qualche violenza alla nostra consapevolezza e invadendo la nostra mente con una serie di richiami ridondanti che possono anche frustarci, in quanto la realtà appare inferiore a quelle immagini che sono state confezionate con grande abilità».
Gli adolescenti sono tra i destinatari cui la pubblicità più si rivolge. Studi condotti in Francia dall’Institut de l’Enfant, su di un campione di 1500 famiglie francesi, hanno constatato che il 45% degli acquisti familiari consiste nelle richieste dei figli. I ragazzi, per lo più quattordicenni, vogliono prodotti alimentari, abbigliamento, dolciumi, il 18% vuole auto e il 40% sceglie le vacanze.
Un’altra ricerca francese condotta dalla Conso-Juniors afferma e ribadisce che la pubblicità influenza le scelte dei ragazzi, specie diciottenni, e dichiara che attraverso la pubblicità essi riescono a convincere dell’acquisto di un determinato prodotto anche i loro genitori.
In Italia le ricerche del CENSIS hanno evidenziato che la pubblicità tende a mostrare un modello di famiglia perfetta e i mass-media propongono ai giovani nuovi modelli di stili di vita dinamici, di autonomia, di successo, associati alla presenza o all’uso di questo o quel prodotto.
Nella famiglia ideale della pubblicità, emerge una ridefinizione di ruoli: i maschi sono più docili e restano eterni adolescenti, fragili e giocosi; la donna viene pubblicizzata come indecisa se scegliere la famiglia o la carriera lavorativa.
I più giovani poi, sono sempre più usati per propagandare prodotti per un target più adulto.
«I bambini, però al contrario degli adulti, sono costretti in ruoli sessuali di un conformismo d’altri tempi, basati sull’equazione: piccole donne uguale tulle rosa, bambole, gioielli e trucchi e piccoli uomini uguale forza, aggressività e competizione. Il figlio perfetto della famiglia perfetta, infatti, è maschio, ed è a lui che viene affidato il compito di trasmettere un’immagine di eccellenza: energia, slancio, vitalità, intelligenza, curiosità, razionalità, responsabilità, nonché maggiore individualità e libertà dai condizionamenti sociali rispetto alle ragazzine. Le bambine e le adolescenti vengono usate più di rado come protagoniste e più spesso sono relegate o a ruoli di contorno in un mondo fantastico (le donne “sognatrici”…)».
Al momento, non possiamo valutare le conseguenze dell’impatto di questi messaggi sulla strutturazione identitaria delle nuove generazioni, né si conosce bene fino a che punto i giovani costruiscono la propria vita seguendo i modelli educativi stabiliti dai mass-media. Ma di certo essi introiettano quelle informazioni che ritengono necessarie e fondamentali per loro stessi e, le utilizzano per operare scelte di autonomia o di dipendenza, di impegno o disimpegno, di identificazione con modelli di concretezza e progettazione del loro futuro, aderenti alla realtà o con modelli ideali, estetici e comportamentali, irraggiungibili; restando così eterni giovani.