Il partner nella fase dell’idillio viene visto soltanto con le sue qualità positive, mentre nella fase della crisi viene percepito come il padre o la madre, vengono visti soltanto i suoi punti deboli e le sue negatività.
Questa concezione del partner è speculare a quella iniziale, in cui si vedevano soltanto le sue qualità, ed è sempre una visione univoca e semplicistica, che annulla le caratteristiche e le specificità dell’altro/a.
L’altro/a è un mondo complesso da scoprire, è portatore di differenze che dovrebbero essere accettate, valorizzate e integrate, mentre spesso queste fanno paura al partner. Nel momento in cui i due compiono questo processo di elaborazione e riescono a rendersi conto che i bisogni e le ferite del passato non possono essere compensati in toto dal proprio partner; che lui/lei “è simile a”, ma anche “diverso da”, allora si può dire che la coppia ha superato il momento di crisi, e ha trovato un nuovo equilibrio e un nuovo modo di stare in relazione.
La crisi ha quindi un significato evolutivo nella dinamica di coppia, ed ognuno ha le risorse e le capacità per superarla.
Quando dobbiamo preoccuparci? Esistono delle situazioni più delicate e rischiose, ad esempio quando i due partner hanno entrambi delle storie personali che hanno lasciato grosse fragilità o ferite personali, oppure quando la crisi fa emergere un disagio psichico in uno dei due o nei figli. In questi casi possono esserci difficoltà a far affiorare le risorse necessarie per creare un nuovo equilibrio, e può essere utile il sostegno esterno, come quello offerto dalla Psicoterapia di coppia.
E se la crisi non si supera? Nel senso comune quando la crisi di coppia non produce quel rinnovamento di cui sopra, la coppia in genere si separa. La separazione è uno dei possibili esiti delle relazioni, un rischio presente in ogni rapporto umano e quindi anche in quello sentimentale. Senza affrontare in questo articolo i motivi che sembrano oggi rendere più fragili le coppie, possiamo però ridefinire l’evento fine della relazione come una scelta possibile per uscire dalla crisi.
Vivere la separazione è un evento doloroso equiparato al lutto, e che mette in gioco vissuti di dolore, fallimento e sensi di colpa. Questi richiedono per essere superati un processo di elaborazione del lutto, che consente di accettarli e integrarli nella propria esperienza di vita. Al termine di questo processo la separazione, pur rimanendo un evento drammatico, assume una valenza diversa e può essere visto come un punto di inizio. Scegliere di separarsi è un modo per uscire dalla crisi e per sperimentare le nuove risorse scoperte, che magari con quel partner non sarebbero funzionali per il benessere personale e della coppia. Ovviamente questo non elimina i vissuti negativi che si accompagnano alla fine di una storia, ma apre la possibilità di mettere in atto nuove modalità comportamentali e relazionali per il futuro. Nell’esperienza clinica si assiste anche a questa evenienza, soprattutto con le coppie in stallo, cioè quelle in crisi cronica (che si manifesta con il conflitto continuo e distruttivo [conflitto ostruttivo], o con la chiusura fra i due coniugi), che non lascia possibilità di riprendere il legame del passato e lanciare un ponte verso il futuro.
Il percorso terapeutico può aiutare i due a valutare la separazione come un momento nuovo e vitale per la loro crescita personale.