Guerra dopo pandemia: istruzioni per l’uso

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Non c’è dubbio che la guerra in Ucraina sia atroce come ogni altra guerra. Anche quelle lontane nascoste ai riflettori della stampa e della comunicazione in genere. Solo che questa la vediamo da più vicino ed in un modo così documentato e spettacolarizzato, che le immagini, le storie, i volti delle persone coinvolte, entrano costantemente e pervasivamente nelle nostre case.

Questo trasferisce in modo forte e dirompente la tragicità di quell’esperienza nella nostra vita apparentemente tranquilla.  L’impatto che arriva spesso è sottostimato nelle conseguenze che evoca sia sul piano emozionale che su quello psicofisiologico.

Reduci da pochi mesi dall’aver fronteggiato la durissima esperienza della pandemia del Covid 19, ecco che un altro allarme per qualcosa di improvviso, spaventoso, per molti versi incomprensibile, irrompe nel nostro quotidiano.

E’ normale reagire volendo conoscere e capire cosa accade, ma sappiamo, anche dalla precedente esperienza che una esposizione massiva e soprattutto spettacolarizzata e non filtrata di stimoli così forti (corpi sfigurati, immagini cruente, edifici crollati, esplosioni, bombardamenti ecc) aumenta anche su chi è spettatore, risposte di attivazione psicofisica che se non regolate, portano allo stress.

Il vissuto di minaccia, di insicurezza, in generale di pericolo innesca meccanismi automatici di reazione a carico di diversi organi ed apparati (per esempio aumenta la tensione muscolare, peggiora la qualità del sonno, la regolazione dei ritmi cardiaci e della funzione circolatoria si scompensano) oltre al vissuto di ansia ed alla sensazione di irritabilità o di paura.

Per questo sarebbe comunque consigliabile ed indicato, informarsi attraverso i canali preferiti, ma collegandosi solo alcune volte al giorno e poi spegnere i device durante lo svolgimento delle attività quotidiane.

E’ fortemente indicato, regolare l’accesso alle notizie sulla guerra, specialmente per le persone anziane, che spesso sono i fruitori maggiori delle trasmissioni tv che offrono continui “speciali” ed aggiornamenti spettacolari di eventi tragici; come anche per i bambini che assistono solo apparentemente in modo distratto, alle comunicazioni tra e degli adulti.

Soggetti continuamente stimolati e coinvolti dal “bombardamento” mediatico sono gli adolescenti ed i giovani in genere che attraverso le piattaforme social condividono gran parte del loro tempo: usare questi canali in modo consapevole e non passivo (per esempio scegliendo di disattivare le notifiche o scegliere di controllare le news solo ogni ora invece che tenere sempre il telefono a portata di mano) rientra in una educazione al digitale che in questi casi si rivela salutare. Va invece stimolato l’uso dei social quando favoriscono il confronto ed il dibattito, l’approfondimento sulle fonti da cui si apprendono le notizie, la critica costruttiva.

E’ infatti utilissimo, ai fini della sensazione di poter gestire quanto ci accade, e per questo va incentivata, l’opportunità di discutere sull’argomento della guerra e di confrontarsi con colleghi, amici e familiari o sulle piattaforme social che lo consentono, sulle emozioni o preoccupazioni che questo evento drammatico suscita in noi. Ed è vero specialmente nei più piccoli: per questo è bene lasciare che facciano domande o che raccontino come si sentono, aiutarli a concentrarsi anche su altre cose durante la giornata, ricordare le cose piacevoli e rassicuranti della loro vita e quanto sia importante apprezzarle.

Può essere utile per i più piccoli ma anche per tutti noi, imparare qualche esercizio di respirazione, spegnere la tv o il telefono e cercare qualche minuto di relax con una musica chiudendo gli occhi, passeggiare o correre, recuperare la consapevolezza delle situazioni positive presenti nella giornata.

E’ importante ridere e sorridere, riportare la mente al ricordo di momenti felici passati insieme ad un amico o alla famiglia, esprimere la gratitudine per quello che si ha.

Partecipare per quello che è possibile alle iniziative di supporto ai rifugiati ed alle persone coinvolte nella guerra, sia in concreto (partecipando ad azioni di volontariato) che con gesti simbolici (come una donazione di denaro), può aiutare a ridurre il senso di passività e sgomento che proviamo di fronte a questi eventi, e tradurre in pratica certe nostre spinte a reagire: sublima il dolore e la tristezza trasformando l’impotenza che a volte ci assale, in una specie di forza.


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