I dati dell’Istat ci dicono che nel 2010, anno di picco della crisi economica, si sono verificati in Italia 3.048 suicidi (63% uomini). Secondo il rapporto EURES “Il suicidio al tempo della crisi”, la condizione occupazionale rappresenta un decisivo fattore di rischio: infatti i suicidi sono aumentati tra i disoccupati di un +40% tra il 2008 e il 2010. Anche in termini relativi appare evidente come il lavoro costituisca un vero e proprio discrimine nella lettura del fenomeno suicidario: nel 2009 si registrano infatti ben 18,4 suicidi ogni 100 mila disoccupati (prevalentemente uomini) contro 4,1 suicidi tra gli occupati, confermando la centralità del lavoro nella possibilità di costruire e/o di portare avanti un progetto di vita, soprattutto nella componente maschile della popolazione”. Senza arrivare ad affermare che i suicidi per motivi economici siano in aumento in modo “statisticamente significativo”, il tema merita di non essere passato sotto silenzio.
E’ opportuno affrontare il problema con attenzione e cura, non con la drammaticità dell’ emergenza che certi media ci propongono. L’amplificazione mediatica dei certi gesti estremi, non può sottostimare che il fenomeno suicidale sia un evento a forte rischio emulazione. “ Studi epidemiologici internazionali dimostrano con certezza che le notizie dei suicidi da crisi economica, se presentate in modo sensazionalistico, inducono altri suicidi, innescando un pericoloso effetto domino …” Le persone che compiono questi gesti estremi sono nella grande maggioranza dei casi entrate da tempo nel tunnel della patologia psichica, prevalentemente depressiva, che toglie la possibilità di trovare soluzioni alternative. I gesti estremi possono essere scatenati da fatti contingenti che esasperano una situazione economica già complessa, ma s’innescano in personalità da tempo fragili e vulnerabili che non hanno avuto la possibilità di chiedere aiuto per la loro sofferenza psichica”* (C.Mencacci).
Sembra dunque necessario ed opportuno dapprima studiare il fenomeno sul territorio, a partire dalle realtà locali (zone per elezioni dedicate alla media impresa disegnano bisogni ed esigenze distinte da quelle ad alta industrializzazione, senza contare la tipicità della linea produttiva e dell’area di mercato coinvolta) attraverso una ricognizione puntuale delle problematica ed una informazione più verosimile sulla diffusione del fenomeno.
Bisogna coinvolgere direttamente l’impresa e l’imprenditore, attraverso allestimento di sportelli aperti ed anonimi, in cui ciascuno può segnalare e denunciare il problema che lo affligge, sia esso tecnico-finanziario che socio-psicologico. Questo permetterebbe di avere una immagine della realtà del territorio e di predisporre più efficacemente misure preventive e contenitive di gesti estremi.
Una seconda fase potrebbe essere quella di costruire team di consulenti e di tecnici a cui questi soggetti possano rivolgersi (psicologo compreso). I servizi dovrebbe essere offerti in una ottica di “salute” intesa come:
-salute dell’impresa : o dell’attività (favorire i processi di organizzazione complessa del lavoro, la comunicazione in azienda, l’utilizzo di incentivi e fondi per le imprese, l’informatizzazione, la cultura della formazione permanente, il riutilizzo e la mentalità ecosostenibile, la qualità produttiva privilegiata alla quantità…)
-salute dell’individuo : recupero delle parti funzionali della personalità, rispetto a quelle disfunzionali, interruzione o inversione di processi decisionali autodistruttivi legati a fragilità e vulnerabilità individuali e non solo legati a fatti economici oggettivi, riappropriazione della propria dimensione imprenditoriale, contrasto dei movimenti di ripiegamento su se stessi ed isolamento prodromi di atteggiamenti fatalistici, rieducazione del pensiero pessimistico che sottolinea ed amplifica i vissuti di fallimento e mancanza di vie d’uscita).
Infine, è necessario strutturare una rete di auto-supporto tra imprenditori in cui gli uni possano essere di riferimento e confronto-conforto per gli altri, abbattendo la sensazione di isolamento che amplifica e deforma la percezione del proprio stato e del proprio destino, conducendo più facilmente a gesti estremi.
Un altro aspetto da non sottovalutare è lo studio e poi l’intervento sul contesto sociale in cui questi fenomeni si manifestano, dove è utile decodificare l’immaginario collettivo in relazione ai fantasmi ed alle paure inerenti l’andamento dei mercati, il rischio dei fallimenti, l’opinione rispetto ai crolli economici delle imprese, i giudizi espressi nei confronti di chi, in queste vicende, resta coinvolto.
Psicoworking, nella rete dei suoi coworkers, vanta l’interazione con team specialistici che operano in tal senso, attraverso progetti locali, già proposti a comuni del Centro Italia. In particolare Società della Salute è l’ Associazione di promozione sociale che si occupa di questi temi e che, proprio con la competenza di professionisti del settore, propone pacchetti di intervento direttamente alle aziende oltre che agli enti locali o alle associazioni di categoria.
Per contatti : societadellasalute@tiscali.it
Sito internet: www.comunitafasttrack.it vedi alla sezione “chi siamo”
*Claudio Mencacci, dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano